La coralità come ricerca. il Futuro musicale come riscoperta delle proprie Radici
di Luigi Di Tullio
Introduzione: le nostre radici
Parlare di coralità in un sito dove si parla di Ricerca può sembrare quanto mai improprio. Il cantare in coro è visto, soprattutto da chi non lo pratica, come un'attività preminentemente ludica e ricreativa; molte volte lo è, soprattutto per i cantori, meno per i direttori. Il coro è visto, molto spesso, come un'espressione aggregante e rappresentativa di una città, assolutamente da coinvolgere nei momenti importanti, nelle ricorrenze, in modo da dare una visibilità maggiore ad un evento: non si può fare a meno della musica nelle feste nazionali, patronali, religiose, meglio se essa è eseguita da un coro. La forza ancestrale ed evocativa della voce non ha pari, il fare musica direttamente con una parte del nostro corpo molto probabilmente fa scattare in chi ascolta un processo identificativo molto forte. E' un fatto antropologico, di vera e propria risonanza fisica a all'ascolto della musica fatta con la voce. Oggi i ragazzi ascoltano musica, di vario genere e stile, ma quasi sempre hanno la voce come fattor comune, e magari l'inglese ha preso il posto dell'italiano o delle lingue (dialetti) delle diverse regioni d'Italia. Una volta era il canto delle lavandaie o delle contadine ad accompagnare la vita di tutti i giorni; il canto di lavoro poteva essere un mezzo per alleviare la fatica del lavoro stesso. Era accompagnato da strumenti, a percussione, a fiato, ad ancia (mantice), ma era sempre canto, quindi musica fatta con la voce.
Responsabilità del Coro
Il coro è l'organismo musicale molto spesso più vicino al vissuto: è attraverso il coro che la musica spesso arriva anche ad ascoltatori poco avvezzi a frequentare sale da concerto, diventando uno strumento unico e un canale privilegiato di comunicazione da e per la Musica. E la responsabilità che si assume dunque il coro è grande, consapevolmente oppure no, la verità è questa. La scelta di repertorio da parte del direttore è quindi fondamentale, importantissima, vitale, sia per la sopravvivenza del coro stesso che, soprattutto, per l'idea di Musica che il coro intende trasmettere durante i propri concerti. La ricerca di intonazione e di perfezione deve andare di pari passo con la musicalità e la cattura dell'attenzione del pubblico. Un programma da concerto sui generis oppure tematico o monografico può essere più o meno gratificante per l'ascoltatore, e spesso la gratificazione e il gradimento vanno a braccetto con la riconoscibilità del repertorio proposto. L'esecuzione di un brano popolare conosciuto o l'elaborazione a più voci di una canzone (vocal-pop) può creare l'immedesimazione dell'ascoltatore; la scelta di cantare Sicut cervus di Palestrina, o un repertorio profano medioevale, oppure approdare a Britten, Bach, Mozart e a tutto il repertorio classico creano un'aspettativa diversa. Alcuni chiamano questo tipo di proposta di nicchia, quasi a voler etichettare come musica reservata l'approccio ad un repertorio colto… A mio personale avviso è più un problema di presentazione e di comunicazione, di cui sono responsabili i direttori. Superando lo schema classico del concerto come semplice successione di brani, la presentazione degli stessi con semplici parole e/o mezzi audio visivi arricchisce indubbiamente la percezione dell'ascoltatore, dandogli delle vere e proprie coordinate in cui muoversi. L'elaborazione del programma da concerto diventa una vera e propria ricerca di spunti, stimoli, che porta a caratterizzare l'immagine stessa del coro.
Il Coro come veicolo di conoscenza
E allora perché continuare a riproporre brani che tutti conoscono? La percezione del bello passa indubbiamente anche attraverso un brano conosciuto, è innegabile che un brano di un autore classico, e penso al repertorio operistico, da Verdi a Puccini, può attrarre molto di più l'ascoltatore medio di un brano di Monteverdi, che pure è un autore conosciutissimo, fondamentale per la Storia della Musica. Un programma monografico su Monteverdi, con un'appropriata presentazione, potrebbe far breccia nella curiosità dell'ascoltatore, stimolandolo ad allargare la propria attenzione musicale. Inoltre i grandi della Musica nascono in contesti fertilissimi, dove spesso anche il musicista meno conosciuto era un ottimo compositore e musicista. E allora perché accontentarsi di riproporre sempre e in continuazione gli stessi repertori e, parafrasando il motto di una famosa associazione, accontentarsi di essere fotocopie e non cercare l'originale?
Diffusione e caratterizzazione del Canto Corale
Conoscere la coralità oggi significa entrare in contatto con un mondo musicale ricchissimo di spunti, propositivo, dinamico, soprattutto radicato sul e nel territorio, in tutte le sue sfumature possibili. Rimando al sito della Federazione Nazionale Italiana Associazioni Regionali Corali (Fe.N.I.A.R.Co) per rendersi conto della diffusione del canto corale in Italia, delle sue stratificazioni e della sua importanza: l'internauta potrà poi navigare con pochi clic e approdare a siti italiani ed esteri di cori di ottimo livello, con un'attività che non può più assolutamente dirsi amatoriale. La qualità musicale che alcuni cori esprimono, la capacità di gestirsi e di trovare concerti, di promuoversi e di creare eventi è notevole. Se parliamo di numeri, l'insieme dei cori produce concerti come nessuna istituzione in Italia! La maggior parte di essi tuttavia vive una continua riproposizione di repertori e stili, volti ad imitare le compagini più famose, e abbandonando e dimenticando ciò che potrebbe renderli unici: le proprie radici.
L'Abruzzo, partito con ritardo rispetto ad altre regioni nella propria ricerca di consapevolezza musicale, sta cercando di recuperare. Diverse associazioni ed istituzioni stanno ormai da tempo lavorando (rimandiamo alle pagine http://www.musabruzzo.it/index.php?it/109/la-lunga-marcia-della-ricerca-musicologica-in-abruzzo e http://www.musabruzzo.it/index.php?it/152/istituzioni-musicali-e-centri-di-ricerche), ma il passaggio dallo studio storico e musicologico a quello musicale ed esecutivo, audio e di conseguenza discografico, è ancora rarissimo oltre che difficile ed articolato da realizzare. Senza quest'ultimo passaggio, la fruizione della musica riscoperta rimane riservata ai pochissimi che ne hanno le chiavi di decifrazione, agli studiosi e ad una ristretta cerchia di musicisti, continuando a relegare la realtà della Musica Corale in un angolo.
Itinerari di valorizzazione del Canto Corale Abruzzese
Lo scambio di concerti tra i gruppi corali crea indubbiamente sinergie interessanti, foriere di collaborazioni artistiche tra i direttori e gli stessi cantori. Si acquistano esperienza, tecnica, occasioni di esibizioni, insomma un’ottima modalità di attività artistica! Pensiamo ai numerosi festival e rassegne dove si possono ascoltare gruppi corali locali, ma anche e soprattutto cori italiani e stranieri in moltissimi casi anche di ottimo livello. Alcuni cori e gruppi sono cresciuti molto, vincono concorsi e cominciano ad incidere e, anche se in auto produzione, presentano un prodotto tecnico-musicale di buon livello. Attraverso la registrazione in autonomia il coro può così presentarsi e tentare di valorizzarsi. Il contenuto del disco è vario, ma quasi sempre, nel caso dei cori abruzzesi, presenta canti di estrazione folklorica e molto spesso di autore… quasi un riverberare quella che è stata la tradizione corale abruzzese portata in auge nel secondo dopoguerra da Ennio Vetuschi a Teramo con il Coro Verdi, e da Paolo Mantini a L'Aquila con il Coro Gran Sasso: melodie popolari o popolareggianti di autore, rivestite di più voci e adattate ad un organico corale a voci miste. Alla nascita di questi due importanti compagini corali assisteva il Coro Folkloristico Abruzzese di Orsogna, nato nel 1921, ad oggi il più antico coro attivo in Abruzzo ma che non era ovviamente l'unico ... Si rimanda ad un altra occasione la tentazione di tracciare una storia della Coralità Abruzzese che pure lo meriterebbe: segnaliamo il sito ufficiale dell'Associazione Regionale Cori d'Abruzzo (A.R.C.A) da cui partire, per ora, per un piccolo viaggio corale nella nostra regione.
Quale Canto Popolare?
Per imitazione, in molte località abruzzesi, nacquero così cori dediti all'esecuzione a due e più voci di canti folcloristici che tuttavia non sempre avevano come base musicale una melodia di estrazione popolare. Molto spesso, e questa poi è diventata quasi la norma, gli stessi direttori e/o musicisti e compositori scrivevano brani che avevano la sensazione del popolare; lo stesso uso del testo in dialetto bastava per connotare il brano cantato come popolare. L'identificazione è dunque scattata immediata mentre, a parte qualche eccezione, oggi quasi tutto il repertorio dei cori folk è di autore, brani costruiti ad hoc, che si identificano con il canto popolare abruzzese ma che di fatto non lo è. Questo approccio, di per sé ovviamente non negativo, è stat una vera e propria linfa vitale per la coralità regionale. Lo stesso inno d'Abruzzo, Vola, vola, vola, è una canzone degli anni Venti, con testo di Luigi Dommarco (1876 – 1969) e musica di Guido Albanese (1893 – 1966), entrambi di Ortona. Si intuisce facilmente come Francesco Paolo Tosti (1846-1916), sempre di Ortona, abbia influenzato da allora la musica per coro. Altri musicisti e autori hanno scritto e scrivono oggi bellissime melodie ed è forse più giusto parlare di canzone abruzzese per coro. Uno straordinario momento musicale che dura da quasi un secolo, alimentando il repertorio dei cori: di Vola, vola, vola, di Lu bene che 'j te vuje di De Maio e Iannucci, oppure di tante altre canzoni esistono decine di elaborazioni corali.
E allora quale canto popolare? La ricerca è l'unica che ci può venire in aiuto, e a questo punto non posso che ripartire dallo scritto di Domenico Di Virgilio La ricerca etnomusicologica (http://www.musabruzzo.it/index.php?it/238/la-ricerca-etnomusicologica) . E non può essere diversamente: il canto corale è prima di tutto canto, e come tale è espressione dell'essere, evocativo della propria identità. Si può cantare tutto, ma il proprio repertorio ancestrale evoca in chi lo canta e in chi lo ascolta qualcosa di indubbiamente molto profondo. Domenico Di Virgilio traccia un velocissimo quadro della ricerca etnomusicologica in Abruzzo, da Gennaro Finamore che "raccolse moltissimi documenti ma non ebbe la possibilità di registrarli dalla viva voce dei contadini. Si affidò alle trascrizioni musicali fatte ad orecchio da alcuni maestri di musica di sua conoscenza (...), ma sappiamo che non è la stessa cosa." E qui tocchiamo forse il problema principale: come ascoltare il suono del canto popolare? Tutti i musicisti sanno che una melodia trascritta su un pentagramma dice poco se non si posseggono le coordinate linguistiche ed espressive per una esecuzione, la cosiddetta prassi esecutiva. Avete mai provato a scrivere una poesia in dialetto? Vi mancheranno sempre dei suoni, e anche se usate la trascrizione fonetica, difficilmente due persone scriveranno allo stesso modo lo stesso testo! Tuttavia oggi abbiamo una possibilità di riascolto che fino a qualche decennio fa era impensabile: proviamo ad immaginare che cosa potrebbe essere oggi la fruizione della cultura popolare attraverso l'audio e il video. Potremmo imparare le emissioni dei vari dialetti, le parole, direttamente dal suono registrato, senza passare attraverso il testo scritto, permettendo un approccio molto più vasto, soprattutto a quelle nuove generazioni che non vivono più il rapporto di famiglia come lo era una volta, famiglia dove si apprendeva e si viveva quella cultura alla base del dialetto. Lo stesso vale per il suono di una melodia: la riproposizione di una melodia popolare, la sua rielaborazione cambiano indubbiamente nella mente del musicista e del compositore a seconda che si parta dal foglio su pentagramma oppure dall'ascolto diretto, che apre evocazioni e immagini sonore che il foglio sicuramente non può trasmettere. Come fare a raggiungere questo originale della fonte? Se qualche anno fa il reperimento del materiale poteva essere un problema di spostamenti, ricerca fisica in archivio, oggi non abbiamo più scuse. Sempre Di Virgilio ci linka direttamente a Archivi di Etnomusicologia dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, dove alla sezione Etnomusicologia possiamo ascoltare materiale interessante: provate a mettere Abruzzo nel campo Regione, oppure usare altre chiavi di ricerca. Sono le raccolte di Alan Lomax, Diego Carpitella, Clara Regnoni Macera, Giorgio Nataletti. E poi Nicola Jobbi, Carla Bianco, Cesare Bermani, Giuseppe Profeta, Carlo Di Silvestre, Roberto Leydi, Diego Carpitella, Alberto Negrin. Di immediata consultazione Bambun, a cura di Gianfranco Spitilli, assolutamente da ascoltare e vedere. E poi ancora i lavori di Donatangelo Lupinetti, Emiliano Giancristofaro (il volume I canti popolari abruzzesi, Rivista Abruzzese, 2002, con un saggio e due CD allegati è un ottimo punto di partenza per ascolto), Alessandro Portelli, Giuseppe D’Amario, Antonio Piovano, Marco Müller, Angelo Melchiorre, Luigi Candelori, Maurizio Anselmi, Roberto Leydi, Adriana Gandolfi, Angela Troilo. Lo stesso Museo delle Genti d'Abruzzo conserva materiale, così come Domenico Di Virgilio ha raccolto tantissimo (http://www.musabruzzo.it/index.php?it/179/archivi-sonori). Per tornare nel campo corale e della sua elaborazione, Mario Santucci da anni ripropone con il Gruppo Corale di Tornimparte un repertorio legato ai canti di questua e religiosi, molto interessanti: del lavoro di Santucci auspico la pubblicazione al più presto, convinto come sono della validità e importanza del materiale. L'ascolto e l'analisi di questi materiali devono essere il punto di partenza, se vogliamo parlare di elaborazione di canto popolare per coro. Esempi ce ne sono, e senza fare qui un elenco particolareggiato, qualche direttore di coro si è cimentato in questa operazione di recupero, ma non in maniera costante (vedi Li Zampugnire, melodia raccolta ad Atri da Carmine Leonzi, e rielaborata per coro). Queste idee appartengono ai già citati direttori Ennio Vetuschi (ricordo Ha néte a Betlomme, canto popolare di Pietracamela), Paolo Mantini, Antonio Piovano, che spesso usano la semplice melodia per una elaborazione colta. Siamo tuttavia ancora lontani dall'idea di elaborazione per coro di Giorgio Vacchi, Teo Usuelli, Lamberto Pietropoli, e dovrei citarne tanti altri: é come se ci fossimo arresi alla possibilità di poter scrivere ed andare al di là di una semplice elaborazione. Tuttavia buoni risultati sono stati ottenuti da direttori e compositori (discorso lungo, lo faremo in altra sede), ma sono esperienze isolate; mancano compositori. Siamo lontani, molto lontani dal repertorio corale di altre regioni d'Italia. Cosa fare? Sicuramente avvicinare maggiormente i direttori di coro e i compositori a materiale di ricerca, oggi è possibile. La sensibilizzazione e il diverso approccio sono certo potrebbero aprire nuove prospettive di fruizione e di metabolizzazione del nostro passato musicale tradizionale. Il tutto ovviamente affiancato ad una capacità di scrittura musicale e a competenze legate all'attività corale, che devono inoltre tener conto degli attori, e cioè dei cantori che i cori oggi hanno. Scrivere un brano ineseguibile (per estensione, difficoltà tecniche ed altro) è come destinarlo a scomparire, o farlo rimanere sulla carta. Meglio sarebbe, come ormai fanno da decenni nel nord Europa e in qualche parte d'Italia (e anche qui discorso lungo, altra sede), sarebbe scrivere direttamente per uno specifico coro: il compositore deve tener conto delle caratteristiche tecniche e espressive di quel particolare coro, magari utilizzando canti proprio della zona di provenienza del coro. Il coro diventa così unico, e non perché si tiene stretto le partiture, ma perché diventa rappresentativo: per dirla con la linguistica, diventa significante. Molti cori affiancano al canto il ballo: anche qui si apre un campo di ricerca molto interessante e importante (vedi saggio di Cristina Esposito di prossima pubblicazione su questo sito), che potrebbe scardinare letteralmente i canoni che oggi reggono la considerazione dei cori folcloristici. Una rivoluzione? No, la ripresa consapevole della nostra identità.
Voglio chiudere questa parte citando alcuni passaggi tratti dal saggio I canti popolari abruzzesi di Ernesto Giammarco (1916-1987). Parlando degli stili di canto, ne individua due: il primo di genere narrativo religioso (canti della passione, di questua, accompagnati da strumenti), il secondo "è quello della polivocalità diafonica o del canto ribattuto - in dialetto a vatoccu, a batacchio. Due cantori si alternano e poi si uniscono in una melodia gridata, … intervalli non temperati che si avvicinano alle terze e sesta, seconda e quarta". E poi su dove si sviluppa… "Su questa cultura di base, ad estrazione sociale, popolana - agricolo-marino-pastorale - si sono venuti a sovrapporre altri due livelli di cultura: quello intermedio definito e rappresentato dai complessi folcloristici di estrazione medio-borghese-artigiana; quello superiore che comprende musicisti e poeti di formazione "colta", ma con orientamento popolare… Chi ha determinato una modificazione a volte anche sensibile dei caratteri, dei modelli e delle strutture (…) sono stati i gruppi folcloristici, orientati verso una funzione "commerciale" della musica popolare anche in dipendenza dell'interpretazione "colta" del direttore. Con Francesco Paolo Tosti nasce la canzone abruzzese coltivata", … che approda nelle manifestazioni di piazza delle Settembrate e Maggiolate. E' nel gruppo folcloristico che avviene "il passaggio dalla polivocalità popolare alla polifonia corale. (…) Nel mondo della canzone abruzzese è accaduto quello che si è verificato anche nell'ambiente della poesia dialettale abruzzese (…) E' possibile distinguere una "poesia dialettale abruzzese" da una "poesia in dialetto abruzzese". (…) Nell'etnofonia abruzzese si sono stabiliti punti di riferimento in alcune canzoni (…) che possono dirsi "popolari" perché hanno avuto una larga diffusione tra il popolo, e cita Vola, vola e Mare nostre di Illuminati e Di Iorio. Poi chiude, magistralmente: Si può affermare, dunque, che la canzone abruzzese è nata, ma perché questa possa assurgere a fenomeno nazionale, sarà opportuno che essa si rituffi, come in un bagno purificatore, nell'ambiente della diafonia abruzzese." Il saggio è del 1977, pubblicato sul n°1 della storica Rivista Abruzzese. Sono passati quarant'anni, forse dobbiamo fare qualcosa...
La Musica Antica
La musica in Abruzzo non è ovviamente solo canto popolare! Chi lo pensa probabilmente non si è mai fermato a riflettere e non si è guardato intorno: senza andare troppo lontano basta visitare questo sito per comprendere quanta musica hanno prodotto i figli di questa terra. Per restare in ambito vocale e corale, la musica sacra e quella profana di autore offrono possibilità pressoché infinite. Dal Rinascimento al Settecento inoltrato i gruppi vocali e i cori che volessero lavorare su uno specifico autore oppure su un genere si ritroverebbero davanti un'enorme montagna di Musica, e senza entrare in ambiti particolare come il gregoriano o la musica polifonica presenti in codici ben specifici. Parlo di musica a stampa pubblicata viventi gli autori, opere presenti in biblioteche ed archivi musicali d'Italia e del mondo. I ricercatori e gli storici della musica sanno di cosa parlo, ma spesso il nostro mondo corale regionale ignora quanto importante, bello, significante possa essere andare a prendere l'opera di un compositore del passato e renderla fruibile oggi. Soprattutto se inserito in una progettualità ben precisa di riscoperta del territorio e, come già su detto, delle proprie radici; è l'idea dell'unicità che deve stimolare, facendo leva proprio sulle peculiarità locali della Musica. Autori come Giuseppe Corsi (XVII sec.) da Celano, Carlo Cotumacci (1709 – 1783) da Villa S. Maria, Fedele Fenaroli (1730 – 1818) da Lanciano, Bonifacio Graziani (1604/05 – 1664) da Rocca di Botte, Francesco Orso da Celano (XVI sec.), Ippolito Sabino (1540-1593) e Francesco Masciangelo (1823-1906) da Lanciano, Cesare Tudino (1530-1591/92) di Atri, Antonio Zacara (1350/60-1413/16) da Teramo, Settimio Zimarino (1885-1950) da Casalbordino, per citare solo i più conosciuti, attendono ancora sonora giustizia. Intendo che per molti di essi (ma non tutti) esistono edizioni critiche e pubblicazioni su carta che permetterebbero la loro esecuzione e registrazione su supporto audio. Di altri esistono le stampe d'epoca, che hanno bisogno di un iniziale apporto musicologico e trascrittivo, per dirla in termine tecnico di una edizione critica. Ora, senza entrare nei particolari di quello che può rappresentare una edizione moderna in termini di fatica e di impegno - solo chi lo pratica sa di cosa parlo - è importante qui sottolineare un fatto rilevante: in Abruzzo ci sono le competenze per poter attuare questo lavoro su vasta scala. L'importante è saldare il musico teorico con il musico pratico: molto spesso gli studiosi non hanno le mani in pasta, mentre gli esecutori non sempre hanno le giuste competenze storiche e musicologiche. Dobbiamo accorciare le distanze, avvicinare i musicologi alla coralità, lavorare affinché lo stesso direttore possa avere gli strumenti necessari, mettere in rete tutte le nostre forze e le nostre esperienze. Uno degli scopi di questo sito è anche questo: mettere in evidenza tutto ciò che di musicale rappresenta il nostro Abruzzo, e gridarlo forte! Ma il tutto deve essere di qualità. Mettere in rete le competenze giuste non può che essere motivo di crescita per tutti: per il musicologo che vede finalmente rivivere in suoni una musica che fino a quel momento è stata solo scritta (parafrasando un caro amico, archeologia musicale); per il direttore che viene stimolato da un repertorio nuovo, inconsueto, mai eseguito negli ultimi secoli; per il coro che in questo percorso deve vedere uno straordinario momento di formazione e di crescita. Con inevitabili ricadute, positive, in termini di immagini: ottimista come sono, non posso non immaginare che i comuni di origine di questi compositori non facciano di tutto per cogliere questa opportunità. La stessa la devono cogliere i cori che, attraverso questi percorsi di ricerca, possono affinare anche gli aspetti tecnici, vocali ed espressivi.
Ovviamente non siamo al punto zero. Molto materiale è stato trascritto (http://www.musabruzzo.it/index.php?it/213/pubblicazioni-principali) e pubblicato su disco (http://www.musabruzzo.it/index.php?it/147/discografia), ma non sono stati avviati veri e propri programmi organici di riscoperta del nostro materiale musicale ad opera di cori attivi sul territorio. A mente ricordo (mi limito ad opere corali) i dischi del gruppo vocale e strumentale aquilano Aquila Altera di Antonio Pro e Maria Antonietta Cignitti (Tudino, Lupacchino, Codice di Rocca di Botte), il lavoro live del Fairy Consort di Chieti diretto da Luca Dragani (Edoardo da Ortona), la Compagnia Virtuosa di Pescara diretta da Enrico Ruggeri (Tudino, Sabino) promotore anche dell'interessantissima iniziativa di pubblicazione on-line di partiture di autori abruzzesi tra Quattro e Seicento (Abruzzo Musica Antica). L'unico caso, e mi si perdoni l'autocitazione, è il Coro Polifonico Histonium "B. Lupacchino dal Vasto" che ha avviato un programma di riscoperta in toto del musicista a cui è intitolato. Prima l'edizione a stampa (a cura di Luigi Di Tullio, Bernardino Carnefresca detto il Lupacchino dal Vasto. Opera Omnia, vol. I e II, Le Messe, parte I e II, Edizioni Suvini Zerboni, Milano, 2000) di tutta l'opera sacra, e poi l'edizione discografica (2011) in cofanetto con quattro CD di tutto il contenuto dei due volumi. Il contributo di altri dieci cori italiani hanno così caratterizzato il Progetto Lupacchino dandogli un ampio respiro, e facendo conoscere la musica dell'autore vastese in una maniera molto più incisiva e diffusa che l'edizione a stampa. Talmente interessante, che quest'anno, 2015, vedrà la luce il Progetto Cortellini, a cura di Pier Paolo Scattolin e del Coro Euridice di Bologna, che punta giustamente prima all'edizione discografica di Tactus: 12 Messe dell'autore bolognese Camillo Cortellini (1561-1630), eseguite da 12 cori provenienti da tutta Italia. In ambedue i Progetti partecipa, oltre al Coro Polifonico Histonium, anche il Super Partes Vocal Ensemble di Roseto, diretto da Carmine Leonzi, a dimostrazione che è possibile creare rete anche in questi momenti, trovando le competenze musicologiche e vocali adatte. Dobbiamo riscoprire il Suono della Musica e non lasciarlo soltanto ed esclusivamente nei libri di storia, che pure devono essere il punto di partenza. E se cerchiamo bene, un musicista bravo, antico, da riscoprire, delle nostre parti esiste sempre! La frase che si può sentire in casi come questo è "non è detto che tutti i compositori siano bravi, e che valga la pena di riscoprirli". Qui possiamo aprire una vasta discussione sugli autori cosiddetti minori, di come i grandi non sarebbero stati tali senza gli artigiani della musica che hanno incontrato nel corso delle loro esistenze… ma basta dire soltanto che molti di essi erano maestri di cappella nelle maggiori basiliche delle loro epoche, che hanno pubblicato e stampato tanto, ancora viventi (le stampe d'epoca si possono trovare direttamente e semplicemente digitando il nome del compositore su http://www.sbn.it, il sito del Servizio Bibliotecario Nazionale, oppure si può andare sulla pagina del sito http://www.musabruzzo.it/index.php?it/212/archivi-musicali). E poi in concerto, dove spesso qualche loro brano viene presentato accanto ai grandi della Musica, non sfigurano affatto, anzi, e come dice Walter Tortoreto "posto a fianco di altre opere di autori di maggior spessore artistico, senza per questo patire nei loro confronti alcun senso di inferiorità ma al contrario, aprendo su di essi una nuove prospettive di lettura critica." Anche qui, la ripresa consapevole, anche se molto faticosa, della nostra identità.
Musica contemporanea per coro in Abruzzo?
L'altro campo di ricerca e di caratterizzazione per una compagine corale è, a mio personale avviso, la musica contemporanea. Oltre alla musica già scritta da compositori nei secoli passati, oltre alla musica profonda delle tradizioni, oltre al recupero di un linguaggio musicale che rischia di scomparire e che tanto ha ancora da dire, non dobbiamo dimenticare che la Musica vive soprattutto di evoluzione, novità, combinazioni di suoni nuovi, atmosfere. Chi scrive musica oggi ha una infinità di scelte, dal riproporre standard commerciali al riprendere i modelli più classici, in modo da poter conciliare il nuovo con le aspettative del pubblico, oppure imboccare la via della sperimentazione pura, con conseguenze impreviste, in positivo e in negativo, al momento dell'esecuzione. Anche qui l'approccio di ricerca potrebbe risultare vincente. Ricerca intesa come attenzione al materiale umano in possesso nella compagine vocale, la focalizzazione degli obiettivi raggiungibili, la predisposizione del materiale musicale per la formazione del proprio gruppo. E' il direttore, come sempre, il deus ex machina del coro ed è lui che può fare la differenza, con le sue scelte, la sua preparazione, la sua professionalità. Il coro è uno strumento, e come tale va preparato. Fin qui è fin troppo ovvio. E' nella ricerca del repertorio che può esserci il vero e proprio valore aggiunto. Un'interessante alternativa è quella di scrivere o di far scrivere per il proprio coro. Esperienze in questo senso esistono nei cori del Nord Europa, dove il compositore lavora accanto e insieme al coro per la realizzazione della sua composizione. Ad una prima fase di scrittura segue immediatamente una prima verifica di lettura, e da questo momento in poi inizia una vera e propria limatura dei vari passaggi a cura del compositore che, di volta in volta e in base alle impressioni ricevute e soprattutto al dialogo con il coro e con il suo direttore, arriva alla stesura finale. Ho sentito cori dove il compositore del brano era tra i cantori (ultimo in ordine di tempo il Grex Vocalis di Oslo) e, al di là della bravura del coro, il risultato è stato decisamente di ottimo livello. Il cucire il vestito su misura porta ad evitare tessiture impossibili, passaggi tecnici difficoltosi e mancanza di adesione al brano: i cantori faranno proprio il brano scritto appositamente per loro, soprattutto se contribuiscono alla sua realizzazione. E' vero che trovare il compositore non è sempre facile, e trovarlo in grado di interagire e di rimettere in discussione quanto scritto è ancora più difficile. Ma questo modo di procedere potrebbe aprire insperate collaborazioni con compositori che di solito non frequentano il coro come strumento espressivo. Se l'obiettivo del compositore può essere di far conoscere la propria musica, il veicolarla attraverso una collaborazione corale potrebbe essere un modo pratico per arrivare al pubblico. Il coro dal canto suo (modo di dire quanto mai … azzeccato!) ha il privilegio di presentare nuovi brani, di arricchire il proprio repertorio. Il tema oggetto del brano può essere una rielaborazione di un canto popolare, ma può ovviamente e giustamente spingersi molto oltre, da una ricorrenza particolare legata alla città di appartenenza del coro, religiosa o civile, ad un testo liberamente ispirato, aprendo infinite soluzioni. In Abruzzo ci sono decine di cori e molti luoghi (conservatori, licei musicali, scuole civiche ed altro) dove si scrive musica: si devono incontrare. Anche qui è fondamentale mettere in rete tutto, dai brani già scritti alle esperienze, al di là dei localismi, e far propria la consapevolezza che chi studia composizione può scrivere per coro, e i cori esistenti sul territorio possono cantare brani composti da dilettanti e professionisti veri. Molto spesso non esiste molta differenza. Ci sono cori amatoriali di ottimo livello, che riescono ad esprimere grande musica, e possono e devono essere presi in considerazione; così come esistono compositori professionisti e non che scrivono musica di grande fascino. Molte volte il compositore coincide con il direttore, ma molto spesso il tutto rimane chiuso all'interno del coro stesso, oppure è convinzione comune che i brani scritti non siano da prendere in considerazione. Può anche essere che la qualità della scrittura non sia sempre ottimale, ma sicuramente molto c'è da fare, per far circolare e incentivare queste sinergie. La convinzione è che se riusciamo ad intraprendere il percorso giusto, getteremo le basi per il futuro repertorio della Musica abruzzese.
Conclusioni
Alla luce di queste argomentazioni, allora è quanto mai proprio, giusto inserire la coralità in un sito dedicato alla Ricerca. Il contatto che i cori hanno con il proprio territorio ne fanno un testimone privilegiato, che interagisce con la propria realtà, diventando vera e propria leva di Cultura. Un patrimonio Umano, Tecnico e Musicale che potrebbe essere veramente determinante per la tutta la Ricerca in Abruzzo.
Nella sezione dedicata agli ascolti, abbiamo cominciato a caricare qualche file che possa dare un'idea di ciò che poteva essere la musica dei cosiddetti autori minori abruzzesi. Sono solo degli estratti, per ovvi motivi non possiamo inserire il brano intero, ma sicuramente possono dare un'idea del brano, dell'autore, della Musica. Abbiamo appena cominciato, abbiate pazienza!
Grazie a Licia, Enzo, Carmine, Italo e Giuseppe!