Mattia Cipollone. Fra Cristoforo da Lanciano (Taranta Peligna, 1837 - Monteripido-Perugia, 1905)
Mattia Cipollone. Fra Cristoforo da Lanciano (Taranta Peligna, 1837 - Monteripido-Perugia, 1905)
Si consiglia in primis di consultare il contributo di Matticoli richiamato nel nostro sito qui
Biografia
Mattia Cipollone. Compositore, didatta e critico abruzzese dell’800.
Sulla trecentesca Chiesa della SS. Annunziata di Sulmona molto è stato scritto sotto il profilo storico e architettonico, ancora poco si conosce della precisa portata e dello spessore artistico della sua cappella musicale, ritenuta una delle più attive e prolifiche del territorio abruzzese. Istituzione di antiche tradizioni, la Cappella Musicale della SS. Annunziata riuscì a portare avanti per molti anni un’attività musicale qualitativamente e quantitativamente assai significativa grazie al concorso di ottimi compositori e qualificati esecutori. Nei secoli passati essa rappresentò per la Valle Peligna il centro propulsore di numerose iniziative musicali, nonché il punto d’incontro di esperienze artistiche, di gusti e tendenze stilistiche diverse. Per poter meglio comprendere l’importanza di questa celebre istituzione cittadina è necessario che l’indagine musicologica passi anche attraverso la ricostruzione delle vicende professionali e biografiche dei suoi protagonisti, compositori e musicisti non sempre di minor spessore artistico rispetto alle personalità di spicco del panorama musicale nazionale. In questo contributo vogliamo porre l’accento su quella che fu l’attività del compositore abruzzese Mattia Cipollone maestro di cappella della suddetta istituzione dal 1868 al 1882. Nonostante avesse raggiunto traguardi professionali importanti, Mattia Cipollone, come del resto molti altri musicisti italiani dell’Ottocento, ha dovuto subire la sorte di essere considerato «minore» per effetto della presenza imponente di compositori di spiccata levatura artistica (Verdi, Donizetti e Bellini), che in quegli anni dominavano incontrastati la scena musicale italiana ed internazionale. Primo di sei figli, egli nacque a il 12 aprile del 1837 a Taranta Peligna piccolo comune abruzzese in provincia di Chieti[1]. Per motivi forse legati alla sua attività professione il padre, Quirino Cipollone, organista e noto costruttore di strumenti a tastiera, qualche tempo dopo l’arrivo del primogenito si trasferì a Lanciano insieme agli altri componenti della famiglia in una casa sita nel secondo rione del quartiere storico di Civitanova[2]. L’ambiente domestico, ricco di stimoli musicali, contribuì sensibilmente alla formazione artistica del giovane compositore. Molto probabilmente egli apprese i primi rudimenti dell’arte dei suoni dal padre, ma altre occasioni per crescere musicalmente Mattia Cipollone le ebbe frequentando la Cappella Musicale della Santa Casa del Ponte di Lanciano plurisecolare istituzione attiva già dal 1450[3]. Dopo aver trascorso alcuni anni di studio nel locale seminario dei chierici[4] il musicista abruzzese si trasferì a Napoli, città allora musicalmente assai prolifica e punto di riferimento per molti compositori abruzzesi del tempo. Al Regio Conservatorio di Musica San Pietro a Majella studiò contrappunto e composizione sotto la guida di due importanti operisti del tempo: Saverio Mercadante e Nicola De Giosa, ottenendo da quest’ultimo il diploma in composizione. Dopo il conseguimento del diploma il Cipollone ebbe le sue prime esperienze artistiche nella stessa città campana. Nel 1860, infatti, il suo nome figurava nella «Gazzetta Musicale» di Napoli tra quelli dei giovani compositori più promettenti, qualche anno dopo, nel 1865, entrò a far parte dell’importante istituzione musicale cittadina «Il Circolo Artistico Musicale di Napoli»[5]. Numerose sono le composizioni di genere sacro e profano ascrivibili al periodo partenopeo, tra i tanti titoli ricordiamo: una Ninna Nanna a Gesù Bambino (Napoli 1858) dedicata a Nicola De Giosa, un Inno a San Raffaele (Napoli 1863), una Fantasia Originale per due violini e pianoforte (Napoli 1866) e una Salve Regina per canto e pianoforte pubblicata dall’editore Girard. In questo periodo il rapporto tra il compositore frentano e l’Abruzzo non venne definitivamente meno. Sappiamo che nel 1864 egli tornò a Lanciano in occasione della morte del padre avvenuta il 24 luglio[6]. Nello stesso anno ebbe modo di scrivere una Messa per soli coro e orchestra e, su parole di Francesco Vicoli, il dramma sacro Ester lavoro quest’ultimo rappresentato a Chieti nel 1864 in occasione della festa della Madonna Rosario. Queste non sono le uniche partiture composte dal Cipollone nel periodo di permanenza tra l’Abruzzo e la capitale borbonica. Oltre a quelli già menzionati si ricordano i titoli di altri brani scritti per la città frentana: la Ballata la Vergine Lucia, composta su poesia di Francesco Domenico Guerrazzi, tratta dal XXII capitolo della Battaglia di Benevento, (Lanciano, 1857) uno Stabat Mater per soli coro e orchestra, dedicato al padre in segno di «filiale affetto» (Lanciano, 1859), una Sinfonia e un Miserere (Lanciano 1859). Dopo la breve e triste parentesi abruzzese, il giovane compositore tornò nuovamente a Napoli dove si trattene ancora qualche anno facendosi apprezzare come compositore e didatta.
Per quanto riguarda il rapporto tra Mattia Cipollone e l’Abruzzo, una seconda e importantissima fase della sua carriera artistica e professionale ebbe luogo a Sulmona, altra cittadina abruzzese per molti versi legata alla stessa Lanciano. Il 5 settembre del 1868 il musicista frentano fu nominato dagli amministratori della Casa Santa della SS. Annunziata maestro di cappella della R. Chiesa della SS. Annunziata, con salario annuo di 425 Lire. Il compositore fu altresì prescelto dagli amministratori della pia istituzione, come insegnante di musica del Collegio «Ovidio» e dell'Istituto Magistrale Femminile di San Cosimo.
Già celebre negli anni in cui il Cipollone ne assunse la guida, la cappella musicale della SS. Annunziata era, come già accennato precedentemente, un'istituzione di solide tradizioni artistiche nota, fra l'altro, per essere stata retta nel corso della sua lunga attività da valenti musicisti quali Alessandro Capece, maestro di cappella dal 1620 ca. al 1624, Guglielmo De Ludovici (o Ludovicis) di Palena, del quale si ricordano i titoli di tre suoi componimenti drammatici: Mosè nel Roveto, su testo di Domenico Ravizza (Sulmona 1746), Mosè mandato da Dio, sempre su testo del Ravizza e la Giuditta Trionfante D’Oloferne su testo di Pietro Metastasio rappresentata a Sulmona nel 1774, in occasione delle festività dell’Annunciazione di Maria Vergine. Pure al servizio della Casa Santa della SS. Annunziata fu il compositore napoletano Pasquale Errichelli, il quale scrisse appositamente per la cappella sulmonese la Donna Vittoriosa o sia L’Ester su testo di Carlantonio Tarsia (Sulmona 1775) e il dramma in musica Il Merito Glorioso messo in scena nel 1786 a Loreto Aprutino, per la festa di San Zopito[7]. L’Errichelli fu musicista assai noto anche nel panorama musicale nazionale poiché, come ricorda Francesco Florimo nei suoi scritti[8], egli scrisse sia le musiche per il terzo atto dell’Eumene, opera di Gian Francesco De Majo eseguita al San Carlo di Napoli il 20 gennaio del 1771, sia le arie per il Finto Turco, commedia di Gioacchino Cocchi data al Teatro dei Fiorentini di Napoli nel 1753.
Tornando a Mattia Cipollone, sappiamo che un anno dopo il suo arrivo nella cittadina peligna egli ottenne due importanti riconoscimenti professionali allorché fu nominato dapprima Compositore Onorario della Pontificia Congregazione e Accademia dei Maestri e Professori di Musica di Roma (22 gennaio 1869) e successivamente, il 3 maggio 1869, Compositore Onorario dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, titoli di notevole rilievo che permisero al musicista abruzzese di ritagliarsi uno spazio anche nel panorama musicale nazionale. Forte di un riconoscimento senz’altro prestigioso, il compositore lancianese lavorò con solerzia per onorare il proprio incarico. Appositamente per la Chiesa della SS. Annunziata compose numerosi brani di uso liturgico fra i tanti si ricordano: un Te Deum, una Messa Pastorale, un Offertorio della Messa di Pentecoste, una Messa a Cappella, una Messa per Coro all’unisono, le Armonie per Organo in stile Ligato, edite a Napoli dall’editore G. Del Monaco e un Tantum Ergo per due cori e due organi. Un’attenzione particolare merita l’ultimo brano menzionato il quale fu concepito appositamente per i due organi contrapposti che si trovano all’interno della Chiesa dell’Annunziata. Posti uno di fronte all’altro nella navata centrale della chiesa, i due strumenti furono realizzati intorno alla prima metà del Settecento da due noti mastri organari del tempo. Il primo, quello in Cornu Evangeli (al lato sinistro della navata), fu costruito nel 1748 da Tommaso Cefalo da Vasto, mentre il secondo, quello in Cornu Epistulae, fu realizzato da Domenico Antonio Fedeli da Camerino così come riportato nel cartiglio posizionato nella secreta del somiere in cui è ancora chiaramente leggibile: «Jo Domenico Antonio Fedeli Da Camerino Stato Romano Feci in Solmona Anno Do.mi 1753»[9].
Nel catalogo delle opere del Cipollone, in via di completamento, il nucleo delle composizioni relative al periodo sulmonese costituisce una parte significativa della sua produzione artistica. Numerose sono, infatti, le partiture di genere liturgico e religioso realizzate proprio negli anni della sua permanenza nella cittadina ovidiana. La produzione musicale «sacra» si presenta quantitativamente copiosa poiché il nostro maestro, analogamente a quanto accadeva presso altre istituzioni consimili, per contratto era tenuto a comporre un determinato numero di brani l'anno come Messe, Cantate, Inni e Vespri altresì egli doveva provvedere, in modo sistematico, anche alla realizzazione di musiche da destinare sia alla liturgia domenicale che alla liturgia delle ore. Dei numerosi titoli realizzati a Sulmona si ricordiamo quelli della: cantata sacra per soli, coro e orchestra La nascita e il Nome di Maria (Sulmona, 1870), Le Sette Parole dell’Agonia di nostro Signore Gesù Cristo, scritte su versi di Luigi Lotti (Sulmona, 1871), la Cantata Sacra a Maria Vergine del Buon Consiglio, per soli coro e orchestra composta su testo di Gaetano Tesone (Sulmona, 1876), una Messa a Santa Cecilia, (Sulmona 1877), una Cantata a San Rocco, per soli, coro e banda (Sulmona 1881), Le Sette Parole dell’Agonia di Nostro Signore Gesù Cristo scritte su versi di Filippo Catenazzi (Sulmona, 1874), due Vespri e una Messa in Onore della Vergine, brani questi ultimi tre eseguiti nella Chiesa della SS. Annunziata nei giorni 7 e 8 aprile del 1872.
In occasione di importanti occasioni, come erano appunto le celebrazioni in onore della Vergine, i governatori della Casa Santa irrobustivano fortemente gli organici strumentali e vocali della cappella. Nel 1872 per l’esecuzione dei due Vespri e della Messa in Onore della Vergine furono scritturati dagli amministratori della pia istituzione valenti strumentisti e cantanti, fra questi spiccavano i nomi del violinista di Cento Francesco Cremonini, primo violino e direttore della Cappella Musicale della Santa Casa del Ponte di Lanciano, Filippo Intinacelli, violinista anch’egli al servizio della cappella lancianese, l’oboista Francesco Basciano, il trombonista Nicola Tatasciore, e il clarinettista Benedetto Lusi. Appartenente alla produzione musicale sulmonese è anche la Messa di Requiem per soli coro e orchestra scritta nel 1878 ed eseguita a Sulmona in occasione dell’anniversario della morte di Vittorio Emanuele II.
Allo stesso periodo risalgono pure alcune pagine musicali di genere profano. Per le allieve dell’Istituto Femminile di San Cosimo il musicista frentano compose due partiture teatrali: La Cantate, commedia semiseria in tre atti scritta su libretto di Felicetta Morandi, rappresentata in occasione del Carnevale del 1874 nella gran sala del Collegio di San Cosimo e l’Eugenia D’Albassini, opera in tre atti composta su libretto di Domenico Ciampoli[10], rappresentata anch’essa dalle allieve dell’istituto sulmonese il 25 febbraio del 1876. Entrambe le opere riscossero un buon successo di pubblico e di critica come testimoniato da alcune recensioni apparse su giornali regionali. Dopo una breve descrizione sulle attività svolte dalle allieve dell’Istituto di San Cosimo, così scriveva G. Cataldi sul settimanale aquilano la «Gazzetta dell’Aquila» del 7 marzo 1874 nel recensire La Cantante:
«…Ma lo spettacolo, che il pubblico ha ascoltato sempre con crescente compiacenza è stato: La Cantante; commedia della signorina Felicetta Morandi, posta in musica dal Maestro sig. Mattia Cipollone. […] L’annunzio di questo spettacolo, a dir vero, destò nell’animo di alcuni un certo senso di sorpresa; ciò non perché non si credesse il Maestro Cipollone capacissimo di scrivere uno spartito teatrale, poiché tutti conoscono il potente ingegno musicale del bravo Maestro; ma si fu sorpresi del coraggio (così ben giustificato dallo splendido risultato), che si ebbe di affidare a quelle fanciulle Assoli, Duetti, Terzetti e Pezzi concertati con grandi e maestosi Cori.»
Dello stesso tono è un lungo articolo apparso sulla «Gazzetta di Sulmona» del 4 marzo 1876 a firma di Raffaele Ognibene in cui il cronista recensisce il nuovo lavoro teatrale del compositore frentano:
«L’opera del Cipollone [Eugenia D’Albassini] fu dunque condotta su un libretto scritto appositamente dal mio amico Domenico Ciampoli, il quale, traendone il soggetto da un lavoro dell’Atavilla, seppe uniformarsi alle condizioni di un istituto femminile, né poté porre in campo tutte le risorse dell’arte, stante all’angustia del tempo concessogli, ed i pochi affetti che si ponno metter su in tali componimenti, nei quali le grandi e veementi passioni non debbono né manco comparire. […] Il Maestro Cipollone per fermo ha tenuto d’occhio l’idea del poeta nel comporre la tela musicale del suo lavoro, ed incarnando le idee poetiche con le armoniche cadenze, ha dimostrato d’aver pienamente compreso, come ad un solo colpo d’occhio, le svariate posizioni degli affetti, e di sapere all’uopo farle comprendere altrui…».
Alla produzione di genere profano appartengono pure la Cantata per due voci femminili e pianoforte composta e dedicata al Cav. Leopoldo Dorrucci, L’Esule di Venezia, L’Incoronazione di Ovidio in Campidoglio, opera scritta per il piccolo teatro del Collegio «Ovidio» e un Inno per banda composto in occasione della festa dello statuto.
L’intenso impegno profuso nel comporre non impedì al Cipollone di tenere ferma l’attenzione fuori dai confini del suo particulare. Certamente non marginali sono le energie che in quegli stessi anni il maestro lancianese dedica al campo della recensione. Nel 1870, infatti, inizia a collaborare con il giornale abruzzese «L’Aterno», pubblicando alcuni articoli di argomento musicale approfondendone l’aspetto storico, critico ed estetico. Uno dei primi ad essere dato alla stampa fu la recensione[11] della Cantata Oratoria, brano composto dal suo amico e concittadino Francesco Masciangelo. Ne seguirono mensilmente diversi altri tutti pubblicati tra il 1871 e il 1872, tra i tanti ricordiamo: Sentimentalismo musicale, del 23 giugno 1871, Dei canti popolari e di una canzone popolare contadinesca lancianese, del 13 agosto 1871, Della Musica dell’Avvenire, del 10 settembre 1871 e Delle cadenze musicali, del 20 gennaio 1872. Tutti gli articoli apparsi sul mensile abruzzese furono successivamente raccolti e, dallo stesso autore, fatti pubblicare in un unico volumetto dal titolo Sulla Musica Contemporanea – Opinioni, pubblicato nel 1873 dalla tipografia municipale Angeletti di Sulmona. Questo interessante florilegio, oltre ad offrire ancora oggi validi spunti per riflessioni sull’arte dei suoni, si è rivelato uno strumento assai utile per comprendere meglio la personalità artistica del nostro compositore. Di particolare interesse risultano quegli scritti in cui il musicista frentano formula considerazioni di carattere storico ed estetico sulle avanguardie musicali del suo tempo, in modo particolare quando l’oggetto delle sue dissertazioni riguarda la ben nota polemica sorta proprio in quegli anni tra «wagneriani», i fautori della «musica dell’avvenire», e gli «antiwagneriani», irremovibili sostenitori della tradizione melodrammatica italiana.
Il 14 marzo del 1874 fu stampato a Sulmona dalla tipografia municipale Angeletti il primo numero della «Gazzetta di Sulmona». Il nuovo settimanale cittadino, diretto da Leopoldo Dorrucci, vide la collaborazione di numerose personalità di spicco della cultura regionale, tra le quali Antonio de Nino, Domenico Ciampoli, P. De Stefanis e G. Tanturri. Sul giornale, che si presentava ai lettori con un programma liberale e moderatamente anticlericale, nei suoi due anni di attività, furono pubblicati numerosi articoli di cronaca locale, politica, letteratura, storia, sociologia e architettura. Alla «Gazzetta di Sulmona» offrì il proprio contributo anche Mattia Cipollone il quale, in appendice al giornale, pubblicò mensilmente una serie di articoli di critica musicale. Di questi ricordiamo: Della cabaletta musicale, apparso il 21 marzo 1874, Studi e confronti musicali: Giulietta e Romeo di V. Bellini e Giulietta e Romeo di C. Gounod, del 12 settembre 1874 e Alla stella confidente, considerazioni critiche del 17 ottobre 1874.
Negli anni della sua permanenza nella cittadina peligna il Cipollone operò in un contesto ricco e stimolante dal punto di vista delle attività culturali. In città alle serate teatrali e di prosa si alternavano quelle concertistiche, numerose erano anche le «accademie», concerti privati che avevano luogo nei salotti nobili e borghesi cui il nostro maestro partecipava abitualmente. Testimonianza diretta di questo modo di fruire la musica è il numero considerevole di brani manoscritti ancora oggi conservati nelle biblioteche di antiche famiglie sulmonesi: riduzioni per canto e pianoforte di opere teatrali, brani originali composti appositamente per determinate occasioni, parti e partiture per piccoli organici strumentali. Che si trattasse di comporre musica per una data ricorrenza, per un compleanno o per una particolare celebrazione, il maestro frentano era in qualche modo sempre coinvolto, poiché punto di riferimento musicale della cittadina ovidina. Un impegno culturale che si traduceva in una precisa attività sociale: quella del salotto ottocentesco. La pratica salottiera si affiancava a quelle delle istituzioni musicali più importanti presenti sul territorio come le cappelle musicali e i teatri, essa, altresì, in termini economici, favorì in città un fiorente commercio di strumenti musicali e di prodotti editoriali.
Oltre ai concerti, alle serate alla moda, e alle rappresentazioni teatrali, provvedeva agli svaghi musicali della popolazione anche la banda cittadina che nei giorni di festa teneva concerto nella «piazza delle scuole»[12]. Ricostituitosi nel 1874 per volere del consiglio comunale, il complesso bandistico sulmonese fu per molti anni vero motivo di orgoglio per tutta la cittadinanza.
Nonostante l’intensa attività svolta a Sulmona come compositore di cappella, critico e didatta, Mattia Cipollone riuscì ad operare anche al di fuori del comprensorio regionale. Nel 1875 lo troviamo all’anfiteatro «Goldoni» di Ancona come direttore e maestro concertatore[13]. Alcuni anni dopo, nel 1877, diresse la compagine orchestrale del Teatro Nuovo di Napoli, su invito di Nicola De Giosa, quando questi fece rappresentare la sua opera buffa Napoli di Carnevale.
Tra il 1880 e il 1881 il lancianese scrisse i suoi ultimi lavori per la cappella musicale della SS. Annunziata di Sulmona. Si tratta per lo più di brani destinati ad accompagnare il servizio liturgico. Uno di questi, il Tantum Ergo, fu eseguito la notte del 31 dicembre del 1881. Nel mandato di pagamento, relativo a quell’anno, gli amministratori della pia istituzione stanziarono la somma di 78 Lire come compenso da retribuire ai cantori che per l’occasione avevano prestato servizio presso la cappella. Mattia Cipollone restò al servizio della Casa Santa fino al 30 giugno del 1882. In una delibera di consiglio dello stesso anno, datata 28 dicembre, il consiglio direttivo dell’istituzione sulmonese, stanziò, sui fondi del bilancio passivo, la somma di 425 Lire come compenso annuo da pagare al nuovo maestro di cappella. Il musicista Giovanni Gallo, organista che già diversi anni prima aveva supplito nei servizi il maestro frentano, fu nominato all’unanimità nuovo maestro di cappella provvisorio.
Le assidue frequentazioni degli aristocratici salotti e le glorie riportate sui palcoscenici dei teatri, cederanno pian piano il posto alle ragioni dell’anima, che suggeriranno al Cipollone di abbandonare, di lì a poco, le lusinghe dei facili successi per sostituire a questi gli infiniti spazi dello spirito, quelli più vicini a Dio. Così, dopo quattordici anni di permanenza nella ovidiana città, egli rifuggirà il protagonismo e seguirà i sentieri di Assisi sulle orme di San Francesco per approdare a una sincera e sentita conversione.
Il terzo periodo della vita e della produzione artistica del nostro compositore fu fortemente caratterizzato dalla sua conversione alla vita monastica. Quando nell'estate del 1882 Mattia Cipollone decise di congedarsi definitivamente da Sulmona, per portarsi nel Convento di Monteripido di Perugia e assecondare la sua vocazione religiosa, era all'apice della sua carriera artistica e professionale. I suoi lavori, rappresentati sempre con gran successo di pubblico e di critica, varcarono anche i confini regionali per affermarsi e riscuotere il plauso della critica nazionale. Nello stesso anno, aveva altresì vinto il prestigioso concorso per Direttore della Banda Militare di Napoli bandito dall'allora Ministero della Guerra[14]. Il primo sentore di questa importante scelta di vita risalirebbe, secondo l'estensore di un articolo apparso sulla rivista francescana «L'Oriente Serafico» del 1935, ad un pellegrinaggio fatto a Santa Maria degli Angeli il giorno del Perdono del 1876. Questo episodio avrebbe segnato sensibilmente l'animo del compositore abruzzese, già fortemente imbevuto di profondi sentimenti religiosi. Qualche anno dopo, a seguito di una lunga e «misteriosa agonia dello spirito», Mattia Cipollone chiese al Padre Provinciale di Assisi, che all'epoca risiedeva nel Convento di Monteripido in Perugia, di poter essere ammesso nell'ordine dei francescani. Compiuto questo primo e importante passo, il musicista lancianese vestì le sacre lane il 16 luglio del 1882. All'incirca un anno dopo, il 19 maggio 1883, fu ordinato sacerdote, con il nome di Padre Cristoforo da Lanciano, dall'allora Ministro Generale dell'Ordine Padre Bernardino Trionfetti[15]. Assunto inizialmente l'incarico di secondo organista, il Padre Cristoforo da Lanciano fu successivamente nominato maestro di cappella della Basilica di Santa Maria degli Angeli. Abbandonata quasi definitivamente la composizione musicale di genere teatrale e da concerto, da questo momento in poi l’ingegno del compositore abruzzese si concentrò soprattutto sulla composizione musicale di genere sacro e religioso, in modo particolare sulla produzione di brani per organo. Le composizioni organistiche, stampate in minima parte dall'editore Venturini di Firenze e dal Casetti di Roma, sono numerosissime; secondo alcune fonti egli scrisse per questo strumento un numero di brani che ammonta a circa tremila.[16]. Oltre a svolgere la sua attività di maestro di cappella e dedicarsi con grande zelo alla sua missione sacerdotale, il Padre Cristoforo da Lanciano continuò a coltivare la sua attività di critico musicale. Sulla rivista francescana «L'Oriente Serafico» pubblicò periodicamente numerose recensioni, tra le tante ricordiamo: I quattro pezzi sacri di Giuseppe Verdi (15 giugno 1898), Sulla trilogia del M° Perosi (30 settembre 1898), I tre Inni frammezzati nell'ufficio del SS. Rosario, (15 gennaio 1898), i Quattro Concertati corali per tenori e bassi (14 marzo 1891) del compositore lancianese Francesco Masciangelo.
Si tratta per lo più di articoli in cui Mattia Cipollone mirava ad evidenziare non solo le qualità artistiche e tecniche dei compositori, ma anche il loro operare nel rispetto del testo liturgico e dello spirito religioso. Giudizi che lasciano chiaramente intendere quale fosse la posizione del francescano in merito al disegno di restaurazione della musica sacra voluto proprio in quegli anni da un folto gruppo di studiosi italiani ed europei che va sotto il nome di Movimento Ceciliano. Sostenuto da numerosi provvedimenti della Santa Sede, culminati con il motu proprio «Tra le sollecitudini» di Pio X (22 novembre 1903), il movimento lavorò con solerzia alla riforma dei repertori esistenti al fine di sottrarre definitivamente la composizione musicale religiosa, in modo particolare quella legata al culto, dall'influsso stilistico del melodramma. Il disegno di restaurazione voluto da Pio X si esplicò attraverso il tentativo di riaffermare un ritorno all’antico canto «gregoriano» e alla tradizione musicale sacra del Cinquecento, in particolare quella legata all’opera di Giovanni Pierluigi da Palestrina e di altri importanti esponenti della Scuola Romana.
Durante i suoi ventitré anni passati alla guida della cappella umbra, il Padre Cristoforo ebbe modo di far apprezzare fin da subito il suo potente ingegno musicale; due mesi dopo aver indossato il saio dei francescani, diresse, insieme al Padre Pier Battista da Falconara e Damiano della Rocca di San Casciano, alcuni lavori musicali in occasione dei festeggiamenti del VII Centenario della nascita di San Francesco, eseguiti a Roma, Assisi e Perugia. Qualche tempo dopo, per le commemorazioni solenni del IV Centenario della scoperta delle Americhe, compose, su versi di Ettore Ricci, un Inno patriottico eseguito nel Collegio di S. Antonio in Roma. Oltre ai brani sopra citati per la cappella musicale della Basilica di Santa Maria degli Angeli egli scrisse numerose partiture: la Messa all'inclita S. Chiara di Assisi, scritta per soli, coro e organo (1885), Ave Stella Maris per tenore solo, coro e orchestra (1885), il Salmo Beatus vir, per tenore solo, coro e organo (1891), il Vexilla Regis, per quintetto d'archi e voci soliste (1901), la Messa liturgica al SS. Nome di Gesù, per soli, coro e organo, le due Antifone O Sanctissima Anima e Salve Sancte Pater, composte per il transito di San Francesco (1902), una Messa a Gesù Redentore, per soli coro e organo (1902), solo per citare alcuni dei numerosissimi titoli.
Anche dopo il suo definitivo trasferimento ad Assisi il legame artistico fra Mattia Cipollone e Sulmona non venne mai definitivamente meno. Sappiamo per certo che nell’aprile del 1896 il vicario delle Diocesi di Valva e Sulmona, per espresso desiderio dell’allora Vescovo Mons. Tobia Patroni, invitò il maestro abruzzese a comporre le musiche per i tre Pontificali e i tre Vespri che si sarebbero dovuti eseguire il 19 maggio dello stesso anno, in occasione delle celebrazioni del VI centenario della morte di Celestino V.
Il 9 ottobre del 1905, Mattia Cipollone lasciò Santa Maria degli Angeli, sua abituale residenza, per portarsi nel Convento di Monteripido di Perugia al fine di poter recuperare, con un po' di riposo, le forze perdute a «causa di una febbre infettiva». Il giorno dopo il suo arrivo nel capoluogo umbro le condizioni di salute del maestro frentano peggiorarono sensibilmente. Tre giorni dopo, il venerdì 13 ottobre del 1905, nella stessa cella dove ventitré anni primi il Padre Provinciale lo aveva ospitato per la prima volta e dove gli fu concesso di mutare gli abiti civili con il saio dei francescani, Fra Cristoforo da Lanciano, a seguito di una improvvisa emorragia celebrale serrava gli occhi alla luce per sempre.
Numerosi i messaggi di cordoglio giunti a Santa Maria degli Angeli, come altrettanto copiosi furono i necrologi pubblicati su diversi giornali locali e nazionali. Tra i tanti ricordiamo quelli apparsi su il «Messagero», la «Lega Lombarda», l’«Avvenire d’Italia», il «Giornale di Roma», l’«Unione Liberale» di Perugia, il «Giornale d’Italia», il «Paese», la «Gazzetta degli Abruzzi» e il «Corriere Abruzzese» di Teramo.
Valter Matticoli (marzo 2015)
[1] Comune di Taranta Peligna, Certificato di Nascita di Mattia Cipollone, anno 1837 numero d’ordine 23.
[2] Valter Matticoli, Gianfranco Miscia, Mattia Cipollone Fra Cristoforo da Lanciano compositore e critico dell’800 tra influenze melodrammatiche e istanze religiose, Amaltea, 2000.
[3] Cfr. Gianfranco Miscia, Istituzioni musicali e musicisti a Lanciano tra XVII e XX secolo, «Quaderni di Rivista abruzzese»,1999.
[4] Ettore Caterini, Il Padre Cristoforo da Lanciano – elogio funebre, «L’Oriente Serafico» anno XVII n° 20.
[5] Ettore Ricci, Il Padre Cristoforo dei frati minori, Santa Maria degli Angeli, Tipografia della Porziuncola, 1906.
[6] Gianfranco Miscia, op. cit.
[7] Mario Zuccarini, Drammi sacri, azioni sacre, oratorii, cantate e inni sacri in Abruzzo dal XVIII al XX secolo, Chieti, Amministrazione Provinciale, 1994.
[8] Francesco Florimo, La Scuola Musicale di Napoli e i suoi Conservatorii, Napoli, Stabilimento Tipografico di Vincenzo Morano, 1882 (ed. anastatica Bologna, Forni Editore, 2002).
[9] Cfr. Marcello Romito, Gli Organi della Chiesa della SS. Annunziata in Sulmona e l’attività, in Abruzzo, dei Fedeli Da Camerino, «Bollettino della Deputazione abruzzese di storia patria» L’Aquila 1985.
[10] Noto esponete della cultura abruzzese e nazionale, Domenico Ciampoli (Atessa, 23 agosto 1832) fu direttore della Biblioteca Marciana di Venezia e poi della Nazionale Vittorio Emanuele II di Roma. Conosciuto come uno dei maggiori slavisti del tempo, fu tra i primi in Italia a tradurre le opere di Dostoevkij, Turgenev e Gorkij. A Sulmona collaborò con il giornale «L'Abruzzo Letterario» al fianco di nomi illustri quali ad esempio Gabriele D'Annunzio, Antonio de Nino, Leopoldo Dorrucci, Gennaro Finamore e Nunzio Federico Faraglia.
[11] Recensione apparsa su «L’Aterno» numero 100, anno II, 1870.
[12] Cfr. Ezio Mattiocco, Olindo Pelino, Giuseppe Di Tommaso, Sulmona nell’Ottocento, Grafica Vivarelli, 1970.
[13] Ettore Ricci, op. cit.
[14] Ettore Caterini, op. cit.
[15] Ordinazione sacerdotale del Padre Cristoforo da Lanciano. Documento conservato presso l'archivio del Convento di Santa Maria degli Angeli.
[16] Nel trentesimo anniversario della morte del P. Cristoforo da Lanciano, , «L'Oriente Serafico», anno XII, N°12, 1935.